Confido nel fatto che il lettore di VerOrizzonte saprà perdonare la mia discutibile metodologia "istintiva" nell'affrontare l'infinità degli argomenti che riguardano tutti, in vario grado, il tema precipuo di questo blog, quando vado a presentare qui di seguito il capitolo dell'opera di Gabrielle Henriet successivo a quello tradotto lo scorso 13 Febbraio in virtù della mia irrefrenabile curiosità soltanto, riguardo la costituzione del firmamento così detto. Inevitabilmente, di conseguenza, lo stesso tema accennato in tale contesto dall'autore, riguardo i dischi planetari, mi ha portato a tradurre oggi il quinto capitolo di questo lavoro straordinario tanto nel soggetto quanto nelle sue argomentazioni esclusive le quali, benchè discutibili sotto alcuni aspetti, hanno l'indubbio potere di suggerire alla mente del lettore parte delle realtà cosmologiche apprese dallo studio dei testi antichi, e attualmente seppellite da montagne di bugie che arrivano a toccare la stessa vòlta celeste.
Non escludo che infine, mosso dalla mia passione per questo argomento di estremo interesse, arriverò a tradurre per intero il testo, il quale comparirebbe allora in questo mio blog sparso in brani, come le reliquie dell'antica verità che sono rinvenute all'interno della "bibbia" e di altri testi considerati più o meno sacri presso il pubblico moderno; se non altro, in tal caso posso assicurare al mio lettore di integrarli in questo contesto mantenendo intatta la struttura dei capitoli nella loro intierezza, come nei due casi attuali, e facendo sempre del mio meglio per offrire una traduzione attagliata alla logosfera scientifica dell'opera originale, che ricordo risalire alla metà del secolo scorso.
Dopo questa premessa, non mi resta che augurare una buona lettura.
(Traduzione dall'ebook pubblicato sul sito The Flat Earth Society -- Titolo originale "Heaven and Earth" di Gabrielle Henriet)
CAPITOLO QUINTO - SULLA NATURA IMMATERIALE DEI SATELLITI DELLA TERRA
I satelliti della terra non sono masse di materia. Sono dischi luminosi e trasparenti senza sostanza. La luna, in particolare, dà l'impressione di essere una manifestazione eterea, e il carattere incerto e illusivo che è solitamente associato a questo satellite deriva precisamente dalla sua natura immateriale. Come si è già affermato, le irregolarità superficiali che si credono esistere sulle masse immaginarie chiamate pianeti sono quelle della cupola del cielo, per come sono vedute attraverso i dischi trasparenti. Le cosiddette montagne, i crateri e le depressioni della luna sono dettagli della struttura della cupola. Va notato in questo contesto che gli astronomi del Mount Palomar Observatory in America hanno recentemente dichiarato che sorprendenti alterazioni hanno avuto luogo sulla superficie lunare. Sembra che giganteschi crateri e spaccature di oltre cinquecento chilometri siano apparsi; e catene montuose dell'importanza delle Alpi sono scomparse senza lasciare traccia; ma tutte queste presunte alterazioni corrispondono chiaramente a successive qualità strutturali della cupola che sono rivelate progressivamente dal disco trasparente e luminoso della luna quando si sposta. Questa spiegazione vale anche nel caso di Marte. I canali sono molto probabilmente crepe, o possono essere vene esistenti sulla superficie della cupola che vengono viste attraverso il disco. Si è osservato che di volta in volta i canali si moltiplicano e cambiano di forma e altezza, e che le regioni oscure, chiamate mari, che sono pure visibili, si espandono o si restringono; ma, come si è già detto prima, questi cambiamenti sono di fatto relativi alla esposizione graduale della struttura della cupola al di sotto del disco che avanza. Lo stesso si può dire di Giove, che si dice avere subìte simili trasformazioni. La nozione che i satelliti terrestri siano masse di materia, le quali ebbero origine con Aristotele nel III Sec. a.C., dev'essere abbandonata. Non esistono corpi solidi che si spostano nello spazio, e la presenza nel vocabolario del termine pianeta con questo significato erroneo non è più giustificata.
Si potrebbe dire inoltre, a proposito della reale composizione dei satelliti terrestri, che potrebbe esser stato scoperto prima d'ora che questi ultimi non sono masse materiali, in virtù del fatto che essi sono in grado di restare immobili in un punto per diversi giorni durante la pausa che segue la loro retrogradazione, a dispetto del fatto che si credono orbitare attorno alla terra o al sole. E' ovvio che durante questo periodo, le forze di compensazione che si dicono risultare dai moti planetari, e li manterrebbero pertanto nello spazio, cesserebbero di operare, a causa dell'assenza di moto. La sola legge fisica a cui sarebbero dunque soggetti i pianeti sarebbe quella della gravità e, in tali circostanze, sarebbero normalmente precipitati sulla terra, o sul sole a seconda del caso. Il fatto che i satelliti siano in grado di rimanere sospesi nello spazio per giorni durante il periodo di stazionamento che segue la retrogradazione indica che essi non sono masse materiali, e che possono essere soltanto manifestazioni luminose, fatto che risulta compatibile con l'impressionante silenzio che domina i cieli. E' stato riconosciuto fin dai tempi più antichi che i satelliti terrestri, in particolare il sole e la luna, non sono corpi opachi e solidi. Essi furono dapprima, fino ad Aristotele, considerati esser anime o spiriti, il che non implica una natura fisica. Per gli antichi essi erano semplicemente luci, e diedero al sole e alla luna un nome molto appropriato. Li chiamarono luminarie. Senofane, nel VI Sec. a.C., pensava che il sole fosse un'accumulo di scintille risultanti dall'influenza della terra. Diversi altri fisici credevano che esso fosse un corpo vitreo, o una lente riflettente la luce dell'etere, e questa teoria che è basata sull'osservazione è logica, considerato che la natura metallica della volta celeste era probabilmente ignota all'epoca. Per quanto riguarda la luna, si dice che ere addietro, molto prima degli esordi dell'era cristiana, i preti-astronomi babilonesi insegnavano nei loro templi che essa fosse un riflesso della terra.
Questa supposizione del riflesso è esatta, ma quella dell'origine del riflesso non lo è, poichè il disco lunare, che è perfettamente circolare per quanto possibile, non può essere un riflesso della terra da che quest'ultima non è circolare.
Copernico fu il primo ad assegnare questa forma alla terra in modo da supportare la rotazione. Va inoltre tenuto a mente che la forma apparentemente circolare della terra è data meramente dalla convessità della vòlta celeste che ne delimita l'orizzonte. Gli antichi hanno sempre sostenuto che la terra è piana e questo è confermato dalle registrazioni fotografiche di un vasto numero di aviatori, come pure dalla dichiarazione del Prof. Piccard quando ascese nella stratosfera. Inoltre, è difficile credere per com'è stato spiegato, che gli abitanti degli Antipodi, come naturale conseguenza della rotondità terrestre, siano in grado di stare eretti e camminare, con i piedi sulla terra e la testa all'ingiù, alla stregua di insetti che camminano sul soffitto. Dovremmo ragionevolmente pensare che gli abitanti dell'intero mondo camminano allo stesso modo in cui noi lo facciamo, e sul medesimo piano, che è la superficie orizzontale della terra; ed è indubbiamente quello che si vedrebbe se l'Australia fosse raggiungibile dalla televisione.
Da che si sono ottenute nozioni concrete riguardo l'esistenza di una vòlta circolare attorno alla terra, ne consegue logicamente che quest'ultima è una superficie piana, a parte ovviamente le irregolarità delle montagne, che riempie assieme agli oceani la parte inferiore della cavità in cui è situata. Le regioni polari dovrebbero, pertanto, giacere piane estendendosi alla base delle mura circolari che circondano la terra.
Sembrerebbe, dunque, che i dischi dei satelliti non siano riflessi della terra come i Babilonesi credettero essere nel caso della luna, da che la terra non è rotonda. Essi sono proiezioni dirette emananti da centri luminosi, o riflessi sulla vòlta del cielo, di proiezioni luminose primarie. E' stato detto, infatti, dagli antichi, parlando del sole, che esso è soltanto un riflesso di un più grande e più potente sole esistente in un universo esteriore. Se pure una di queste due alternative è corretta la grande difficoltà, comunque, che ancora resta da risolvere in maniera soddisfacente, è il moto stesso dei satelliti. Ora, durante la ricerca sulla luce l'autore è venuto a conoscenza di certi esperimenti condotti nel secolo scorso dal fisico Francese Lissajou*, in cui un punto di luce riflesso su uno schermo veniva fatto muovere, semplicemente impartendo una vibrazione alla superficie sulla quale tale punto luminoso era riflesso; e gli esperimenti in questione sembrano provvedere il meccanismo del moto, inclusa finanche la retrogradazione, delle proiezioni luminose sulla vòlta celeste corrispondenti ai dischi.
In queste dimostrazioni, raggi di luce vengono lasciati cadere su uno specchio fissato al braccio di un diapason. Il punto di luce così ottenuto è riflesso dallo specchio ad un altro similmente fissato al braccio di un altro diapason, e da qui riflesso a sua volta su uno schermo. Lo schermo, in questa comparazione, corrisponde alla vòlta celeste, e il punto di luce ai vari dischi dei satelliti terrestri. Lasciando vibrare ogni forcella singolarmente, il moto dello specchio corrispondente causerà il movimento del punto di luce avanti e indietro su una linea retta sullo schermo; ma in virtù della persistenza della visione vedremo allora una linea ininterrotta di luce. Giungiamo ora alla parte più importante della dimostrazione.
Se le due forcelle, con i loro rispettivi specchi fissati, vibrano assieme, il punto di luce allora descrive una curva, la cui forma varia assecondando la frequenza della vibrazione. La curva luminosa continua è altresì creata da un movimento veloce avanti e indietro del punto di luce, come la linea retta ottenuta in precedenza dalla vibrazione di uno soltanto degli specchi riflettenti. In queste condizioni i dischi satellitari della terra possono risultare da simili circostanze, cioè a dirsi due riflessi successivi (l'ultimo sulla vòlta del cielo) di una proiezione luminosa primaria, essendo il moto creato automaticamente, così come la linea curva dell'orbita, dalle modalità vibratorie della superficie dalla quale sono riflesse, come nella dimostrazione stessa.
Se supponiamo l'esistenza di vibrazioni lente, la retrogradazione, che corrisponde al movimento avanti e indietro del punto di luce per com'è riflesso sullo schermo, sarebbe ottenuta; ma nel caso del sole e della luna, che non retrogradano, le vibrazioni delle superfici riflettenti sarebbero più veloci in modo da conformarsi a quella parte dell'esperimento in cui, data la persistenza della visione creata dalla rapidità delle vibrazioni, viene prodotta una linea curva continuata. Sembrerebbe quindi che dal momento che i risultati ottenuti da Lissajou riproducono le caratteristiche mostrate dai dischi satellitari della terra riguardo la loro origine e il loro moto, tale spiegazione sarebbe accettabile. Se gli esperimenti fossero condotti in tal modo determinando i moti adeguati per essere applicati alle superfici riflettenti, è probabile che ne conseguirebbe una completa ricostruzione del congegno cosmico. Prima di venire a conoscenza degli esperimenti di Lissajou, che ora sembrano risolutori, l'autore era dell'opinione che i moti dei dischi satellitari terrestri si dovessere ad un dispositivo naturale, per quanto inspiegabile, di movimento, da che i moti veloci o lenti, diretti o retrogradi, così come il periodo di immobilità dei satelliti, possono essere riprodotti interamente dai meccanismi della cinematografia.
Riguardo l'origine degli agenti vibratori, la teoria dell'autore è che essi risultino dal passaggio dei flussi respiratori semi-annuali e quotidiani, dei quali essi seguono le fasi di crescita e decrescita. Si afferma nei testi Induisti, ai quali ci si è già riferiti, che il carro (del sole) diviene inquieto prima del giungere dell'alba, significando qui il respiro del giorno, che lo mette in moto; e questo potrebbe indicare che il vibrare simultaneo delle due superfici riflettenti che determina i movimenti di ascesa e discesa del sole, sia prodotto e governato dal respiro del giorno. In tal caso, ci sarebbe un nuovo sole ogni mattino, e questo potrebbe forse spiegare il motivo della sua ovvia debolezza nell'elevarsi e nella discesa; in quest'ultima circostanza la consueta intermittenza che precede l'estinzione di una luce può essere prontamente osservata. Il passaggio dei flussi respiratori estivi e invernali che aumentano e diminuiscono creerebbero inoltre nelle corrispondenti superfici vibrazioni crescenti e decrescenti interessando, quindi, l'altezza solare durante l'anno. Queste ipotesi possono costituire una soluzione imperfetta del problema, ma potrebbero menare in futuro, per mezzo di adeguate ricerche e sperimentazioni, ad una più concreta spiegazione.
L'origine e la situazione dei centri proiettori luminosi dovrebbe ancora essere delucidata. La loro misura potrebbe essere molto piccola, ma le proiezioni potrebbero essere espanse enormemente dai riflessi successivi, in particolare l'ultimo sulla vòlta celeste. Queste fonti primarie di luce potrebbero esser situate, come pensavano gli antichi nel caso del sole, in un universo esteriore comunicante con l'interno della cavità che contiene la terra per mezzo di aperture, da che le cosmogonie primordiali comprendono molti riferimenti all'esistenza di porte e finestre nella vòlta del cielo.
E' improbabile che l'esplorazione degli spazi siderali, per quanto lontano possa portare, potrà mai permettere di chiarificare la difficoltà, o fornire informazioni riguardo la situazione delle superfici vibranti dalle quali i dischi sono riflessi sulla vòlta celeste. Si può inoltre comprendere ora che, essendo riflessi, i dischi satellitari della terra non possono, per conto loro, produrre alcuna sorta di fenomeno; e che se macchie od ombre appaiono sulla loro circonferenza è chiaro che queste modificazioni avvengono in primo luogo nel centro proiettore primario o sulle superfici riflettenti o, forse, sulla vòlta celeste; e che queste modificazioni sono riprodotte infine nell'interno dei dischi. Correnti circolari moventesi a velocità diseguali a varie latitudini sono state osservate sul sole; e mentre esse sembrano rappresentare un movimento rotatorio, è stato assunto che quest'ultimo ruota sul proprio asse alla velocità di ventiquattro giorni nella regione del suo equatore, e di venticinque giorni nel caso delle sue altre latitudini; ma si può comprendere che queste correnti, o vortici, esistono nel centro proiettore primario, o nella superficie riflettente, e che esse sono rappresentate all'interno del disco solare, benchè queste manifestazioni potrebbero anche esser dovute ai moti del disco sulle mura riflettenti convesse del cielo. Alcuni satelliti secondari, o lune, si dicono esser stati scoperti attorno ai dischi satellitari della terra, ma si possono considerare illusioni ottiche; e che se non sono causate da una distorsione della visione nell'obbiettivo, potrebbero risultare da una rifrazione multipla del disco primario sulle mura adiacenti della cupola. E' necessario ricordare ciò che è stato detto in precedenza riguardo la breve distanza della vòlta; conseguentemente i dischi luminosi, chiamati pianeti, che si spostanto su quest'ultima, sono ugualmente a meno di cento kilometri dalla terra.
* Jules, Antoine Lissajou, nato a Versailles nel 1822. Morto nel 1880. Condusse un importante lavoro di ricerca sul suono e sull'ottica. La sua reputazione fu fondata sul suo "Etude Optique des Mouvements Vibratoires", nel 1873.